Tra i trattamenti di manipolazione terapeutici per gli atleti, impegnati in modo professionale o amatoriale, di certo il massaggio sportivo decontratturante rappresenta una fonte di benefici sostanziali nella fase di relax muscolare, post-allenamento o post-gara.
A cosa serve un massaggio defaticante per gli atleti
Il massaggio che segue l’allenamento non è focalizzato a migliorare le performance atletiche, come nel massaggio sportivo pre-gara, ma al contrario lavora sul binario della decontrazione muscolare per rilassare le zone tese e affaticate della muscolatura impegnata sotto sforzo.
L’organismo, infatti, nella fase successiva al training o ad una gara, si trova in una situazione stressata, che va al di là del consumo delle risorse energetico. I tessuti muscolari consumano glicogeno ma immagazzinano anche tossine e scarti durante tutta la durata dello sforzo fisico – un attacco da parte dei radicali liberi è la norma.
Soprattutto, spesso ripetendo lo stesso movimento si generano delle contratture muscolari, in cui i tessuti si fanno rigidi e vanno decontratti.
La muscolatura andrà rilassata dopo l’affaticamento da gara o allenamento: il massaggio sportivo mantiene anche i muscoli tonici, aumentandone anche la flessibilità e velocizzando i tempi di recupero – un’ottima preparazione ai prossimi sforzi e come prevenzione per rischi di infortunio muscolare e indolenzimento muscolare. Migliora anche l’idratazione cutanea e l’ossigenazione dei tessuti.
La manipolazione lavora a livello circolatorio non solo per favorire il ricambio metabolico, ma anche per ridurre la pressione arteriosa, la frequenza cardiaca e rilassare corpo e sistema nervoso – agisce infatti sulla riduzione del cortisolo e della serotonina nel sangue, in modo da diminuire lo stato di ansia e migliorare il tono dell’umore. Grazie al rilascio di endorfine, il massaggio sportivo aiuta a diminuire la percezione del dolore e della fatica.
Tutti effetti positivi, ma come si ottengono?
Le tecniche del massaggio sportivo decontratturante
Durante i corsi di massaggio sportivo si apprendono le tecniche di manipolazione decontratturante, manovre atte ad aiutare il processo di drenaggio del corpo, rimuovendo acido lattico e scorie, formate da tossine e cataboliti del processo di sforzo fisico.
Si lavora in profondità sui tessuti connettivi, per sciogliere le contratture da sforzo, tutte le tensioni che vanno eliminate, per riportare la muscolatura alla distensione. Ovviamente, il massaggio sportivo post-allenamento varia a seconda dello sport praticato ma, in ogni caso, deve essere eseguito a regola d’arte per non aggravare le contratture presenti.
Le manovre fondamentali che si utilizzano sono quelle del massaggio classico partendo da sfioramento, frizione, impastamento che vanno associate a percussione, pressione e vibrazione. In particolare, si deve sciogliere la contrattura con manovre mirate di pressione e sfregamento, un procedimento che tratta le rigidità e riattiva i centri nervosi, ossigena i tessuti ed elimina i cataboliti.
Le pressioni vanno mirate alla zona muscolare da trattare, sciogliendo la contrattura che crea dolore (spesso definita nodo muscolare per la sua rigidità) e rende limitanti i movimenti.
La pressione decomprime i centri nervosi, mentre gli sfregamenti facilitano l’espulsione delle tossine, e vanno praticate per circa 30-40 minuti.
Nella pratica del massaggio sportivo decontratturante si possono utilizzare oli essenziali da massaggio specifici, per un effetto rilassante e per facilitare la decontrazione e l’azione delle mani nel massaggio. In particolare, per alleviare il dolore dovuto alle contratture muscolari, si utilizza spesso l’olio di maggiorana o di basilico, e per i crampi l’olio di menta piperita, quello di citronella o di mandorle dolci.
Si deve lavorare su più sedute nel caso di contratture post-gara dolorose e persistenti, in particolare con cicli di massaggio nel caso di problemi di contratture frequenti, abbinati anche ad esercizi di postura.
Come si crea una contrazione muscolare
Primo di tutto, va tenuto presente che i muscoli contengono acqua (75%), proteine (20%) e sali inorganici, oltre a sostanze solubili per il 5%, che presiedono diversi processi di trasformazione chimica.
In seguito ad un impulso sulla muscolatura, questa si contrae in modo rapidissimo, in circa 10 millesimi di secondo, modificando chimicamente alcuni processi nelle fibre muscolari, che servono a prendere l’energia necessaria alla contrazione.
La contrazione si crea con una reazione che cede una molecola di fosforo dell’ATP (adenosintrifosfato o acido adenosintrifosforico) e la trasforma in ADP, ovvero adenosindifosforico: una trasformazione in grado di liberare energia tramite questa scissione dell’ATP.
Negli sforzi atletici prolungati, l‘ATP deve continuamente rinnovarsi mediante l’ossidazione di lipidi e glucidi, grassi e zuccheri. Per questo, l’ossigeno utilizzato dal muscolo sarà sempre richiesto in dosi maggiori, e sarà insufficiente ad un certo punto, perché il sistema cardiocircolatorio nel trasportare ossigeno ai muscoli spesso non va oltre un certo limite, e farà scattare il cosiddetto ciclo di Krebs.
Partendo dall’utilizzo delle riserve di zuccheri nelle fibre, attacca poi quelle nel fegato, e poi attacca i grassi. L’ossigeno poi produrrà l’energia necessaria per aggiungere il fosforo all’ADP, il processo più energetico, e iniziare il ciclo di Krebs in cui il glicogeno sarà trasformato in glucosio, e il glucosio sarà trasformato in acido piruvico, poi ossidato (demolito) e ridotto a scorie di acqua e anidride carbonica, presto eliminate.
Se l’ossigeno non è sufficiente a raggiungere il muscolo, l’acido piruvico non sarà demolito e utilizzato per l’energia dello sforzo e per la “ricarica” di ADP, e si trasformerà in acido lattico. Il temibile acido lattico che porta il muscolo all’esaurimento per acidosi, rendendolo affaticato, con crampi e rigidità della fascia connettivale muscolare.
Ecco che si creano le tensioni e le contratture, spesso dovute anche al tipo di sforzo fisico.
Negli esercizi brevi e intensi, come gli scatti sui 100 metri, la fonte di energia è dovuta sostanzialmente alla scissione della fosfocreatina – dato che uno sforzo così breve non consente grandi quantità di ossigeno né la produzione di acido piruvico tale per la re-sintesi dell’ATP.
Gli esercizi o gli sforzi a lunga durata e intensità elevata come i 400 metri nella corsa, rendono l’organismo in grado di produrre acido lattico e consumare poco ossigeno. In tal modo si avvantaggia al scissione di fosfocreatina e la creazione di acido piruvico.
Se si aumenta la durata dello sforzo, arrivando oltre i 1.500 metri di corsa per esempio, l’energia dovuta alla fosfocreatina diminuisce progressivamente e si consuma l’ossigeno in abbondanza, con produzione di acido lattico.
L’energia dovuta all’azione dell’ossigeno prevalente è stimata nelle prove di estesa durata e bassa intensità, come le maratone, in cui si utilizzano zuccheri e grassi in combinazione con l’ossigeno per produrre ADP in ATP.
I meccanismi energetici del muscolo nella vita quotidiana sono molti, nelle pratiche sportive sono ancora più intensificati o modulati, a seconda dell’intensità e durata degli sforzi e dei movimenti in atto.