Il giovane Atleta: fattori positivi, rischi e controindicazioni dell’attività agonistica nell’infanzia
L’importanza dell’attività sportiva nei giovani
L’attività sportiva in età evolutiva è in grado di produrre una serie di benefici e di vantaggi che interessano l’intero organismo, dall’apparato locomotore a quello psicoemotivo a quello neuroendocrino. L’educazione motoria migliora le doti di coordinazione neuro-muscolare e anche la postura.
La muscolatura, così stimolata, sarà in grado di sostenere con tono adeguato strutture scheletriche ancora in evoluzione.
L’esecuzione ritmica di gesti sempre più fluidi ed economici favorirà l’agilità e la mobilità articolare.
Questi benefici potranno influire favorevolmente nel prevenire ed eventualmente correggere i paramorfismi muscolo-scheletrici dell’età giovanile (atteggiamenti scoliotici, varismo o valgismo delle ginocchia, piede piatto, etc…).
Un’ attività sportiva prolungata nel tempo favorirà, poi, l’instaurarsi di una migliore resistenza organica.
L’apparato cardio-respiratorio risponde abbassando la frequenza cardiaca e respiratoria a riposo, favorendo un’azione preventiva nei confronti dell’ipertensione in età adulta.
Spesso vi è anche la comparsa di un miglioramento della capacità respiratoria legato ad una più efficace dinamica costo-diaframmatica.
L’aumentato dispendio energetico,poi, potrebbe prevenire il sovrappeso corporeo nei bambini, sempre se associato ad un regime alimentare controllato e adeguato alle effettive esigenze metaboliche del soggetto.
Il confronto con i coetanei, l’emulazione, la soddisfazione di imparare esercizi a difficoltà progressivamente crescenti, l’approvazione o il rimprovero dell’istruttore sono solo una parte delle infinite implicazioni psicologiche legate alla pratica sportiva. Tutto questo favorisce il miglioramento dell’autostima, il controllo dell’emotività, l’incremento dell’indice di socialità e di inserimento fra i coetanei, la maggiore tolleranza alle frustrazioni e un giusto controllo dell’ansia.
Un’attività motoria eccessiva , però, potrebbe avere anche degli aspetti negativi, portando a squilibri muscolo-scheletrici e ormonali.
Sviluppo neuromotorio del bambino
Il cervello del bambino (dai 3 ai 10 anni circa) è in grado di immagazzinare un’enorme quantità di informazioni a cui verrà dato un ordine logico dopo la pubertà e nell’adolescenza (dagli 11 ai 16/17 anni) a discapito della sua capacità di apprendimento.
Verso la fine dell’adolescenza si ha ancora un’ulteriore perdita di questa capacità, ma si acquista quella di estrapolazione, ossia quella di andare oltre rispetto alle informazioni che si posseggono per dedurne già di nuove.
A livello di apprendimento motorio, parallelamente, nei primi anni di vita l’individuo impara con grande facilità gesti macroscopici e di vario tipo; durante la pubertà e l’adolescenza li affina ed impara a renderli efficaci dal punto di vista energetico.
L’allenamento del ragazzo dovrà quindi tener conto di questo: la pubertà e l’adolescenza sono le età in cui va affinato il gesto tecnico in massima libertà senza sovraccarichi.
Visto che la maggior parte della forza muscolare deriva dall’attività del sistema nervoso centrale e non dal muscolo stesso, non ha molto senso, in particolare con atleti giovani, eseguire sedute di rinforzo muscolare selettivo, ma piuttosto approfittare di questi anni per allenare il sistema a compiere gesti complessi, vari e che coinvolgano più gruppi muscolari possibili.
Sarebbe quindi importante che il programma di allenamento in età giovanile fosse globale: dovrebbe concentrarsi sulla destrezza, sull’apprendimento di un’ampia gamma di movimenti, sulla rapidità di esecuzione e mobilità articolare e sulle doti di resistenza organica. Le qualità relative alla forza muscolare (forza massimale, forza resistente ed esplosiva) potranno essere potenziate più in là nel tempo, a sviluppo puberale avvenuto. Anche un programma con pochi gesti ripetitivi dovrebbe essere evitato perché potrebbe rallentare o ancor peggio bloccare i processi di apprendimento motorio del bambino.
Qualunque sia lo sport prescelto, infatti, si passa attraverso una lunga fase di allenamento generale e solo in seguito si apprendono i gesti sportivi specifici della disciplina prescelta.
Quando e come cominciare?
È sempre difficile generalizzare concetti relativi all’età di avviamento alla pratica dello sport, alla specializzazione sportiva e soprattutto alla partecipazione alle competizioni.
Quel che è certo è che le normative ministeriali stabiliscono che è compito dello specialista in medicina dello sport, dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta del S.S.N., accertare e certificare lo stato di buona salute di tutti coloro che intendono intraprendere la pratica non agonistica di una qualsivoglia disciplina sportiva.
All’esperienza dell’istruttore è affidato, poi, il criterio di scelta per l’attuazione di programmi di allenamento gradualmente più impegnativi, sempre nel rispetto delle caratteristiche psicofisiche individuali e del grado di maturazione biologica del soggetto.
Vocazione
In genere la vocazione verso uno sport è molto spiccata per quelle discipline più diffuse a livello mediatico, ma è soprattutto l’ambiente familiare che la fa nascere nel bambino.
Qualsiasi tipo di attività motoria organizzata, se scelta autonomamente in giovane età, va incoraggiata in quanto essa possiede i giusti requisiti motivazionali.
Visto quanto detto sopra, per i ragazzi in età tra i 6 e i 14 anni, senza differenza di sesso, potrebbero essere ideali gli sport di destrezza e di squadra.
Tra i primi, la ginnastica e il nuoto ricoprono certamente un ruolo fondamentale, sia come attività motoria di base e propedeutica per tutte le discipline, sia come attività sportiva specifica tra le più complete.
Anche l’atletica leggera può inizialmente far parte delle attività sportive di iniziazione, il bambino apprende un’ampia gamma di gesti specifici di questo sport (marcia, corse, salti…) stimolando la coordinazione neuro-muscolare e la destrezza.
Con “Sport di squadra” si intendono, invece, i giochi sportivi, cioè quelle attività caratterizzate dalla corsa e dal contrasto per impadronirsi di una palla o un attrezzo che il giocatore tenterà di indirizzare verso una rete o una meta.
I più noti e diffusi sono: il calcio, la pallacanestro, la pallavolo, il rugby, la pallamano, l’hockey su prato, la pallanuoto, l’hockey a rotelle e l’hockey su ghiaccio.
Hanno il vantaggio di essere fondamentalmente dei giochi e nonostante conservino l’aspetto ludico, comportano la necessità di sviluppare tutte le doti atletiche di una disciplina sportiva.
Per quanto riguarda la pratica di attività ad impegno monolaterale, come la scherma e il tennis, non vi sono controindicazioni particolari se i programmi di allenamento vengono realizzati nei tempi opportuni e nei modi corretti.
Stress positivo e negativo
Lo sport, fino alla pubertà, è una componente educativa irrinunciabile, perché è tra le esperienze più formative della personalità del soggetto in evoluzione psico-somatica.
Solo la pratica di una attività sportiva organizzata consente, infatti, nella società moderna, di svolgere quell’esercizio fisico che può prevenire i danni prodotti dal sedentarismo in continuo aumento. Favorisce anche un aumento dell’autostima, il controllo dell’emotività, l’incremento dell’indice di socialità e di inserimento fra i coetanei, la maggiore tolleranza alle frustrazioni e un giusto controllo dell’ansia.
Questo “stress positivo” potrebbe però essere accompagnato da uno di tipo negativo (per esempio l’eccessivo allenamento o lo stress legato alla prestazione) che comporta una produzione eccessiva di cortisolo da parte dell’organismo.
Alcuni degli effetti potrebbero essere una diminuita possibilità di acquisizione di nuove capacità oppure, dal punto di vista emozionale, favorire la percezione di sensazioni di disagio associate all’ambiente sportivo senza che l’atleta si renda conto dell’evento o del motivo.
Problematiche muscolo scheletriche nel giovane sportivo
Il raggiungimento della completa maturità dell’apparato muscolo scheletrico avviene intorno ai 18 anni. In età puberale ed adolescenziale una larga parte delle cartilagini di accrescimento osseo sono ancora attive e la produzione è decisamente maggiore del riassorbimento dello stesso.
L’effetto macroscopico di questo processo è la crescita dell’individuo: scheletrica e muscolare.
In questa fase ogni singola fibra muscolare è ancora in grado di allungarsi con un rimodellamento del tessuto connettivale contenuto nella stessa.
Il muscolo dell’adolescente risulta quindi estremamente plasmabile, in particolar modo nella sua lunghezza. Questa caratteristica viene progressivamente persa nell’età adulta, mentre aumenta la capacità di sintesi proteica dell’organismo e quindi la capacità di sintetizzare nuove miofibrille (ipertrofia).
Il giovane sarà estremamente ricettivo a tutte le sollecitazioni muscolari che ne aumentano l’elasticità e la lunghezza e non altrettanto a quelle che tentano di svilupparne direttamente la forza.
Il risultato finale sarà comunque un aumento di forza (data dalla somma della forza contrattile ed elastica) ottenuta attraverso la ricerca dell’elasticità e della lunghezza, allenabile in modo massivo solo in giovane età e non nell’atleta adulto.
La mancanza di sincronia tra crescita ossea e muscolare ed il sovraccarico possono portare a patologie nelle zone tendinee di “passaggio” tra i due apparati, provocando la maggior parte delle patologie inserzionali tipiche del giovane atleta.
Tali affezioni sono un messaggio chiaro del corpo: sta attraversando una fase di crescita estremamente delicata, che va rispettata rallentando o interrompendo l’allenamento.
Per accelerare il processo di guarigione e diminuire il dolore vengono prescritte di solito terapie fisiche (laser, ipertermia, tecar terapia, magneto terapia….).
Personalmente, affiancherei anche trattamenti che lavorano sul corpo in modo globale (osteopatia, rpg, ecc…), con l’intento di modulare e armonizzare lo sviluppo del sistema e non solo di eliminare il dolore momentaneo che rappresenta il segnale di allarme di un sovraccarico che va rispettato.
Il muscolo dell’adolescente, inoltre, non avendo ancora le caratteristiche metaboliche dell’adulto, funziona bene a bassa intensità (aerobiosi) ma non è ancora maturo per un utilizzo massimale. Anche lo smaltimento dell’acido lattico risulta più difficoltoso, così come il trasporto energetico garantito dal creatin-fosfato. Se si sollecita, quindi, l’anaerobiosi in maniera eccessiva si tende a portare il muscolo in una condizione di catabolismo e lo si rende vulnerabile a meccanismi di spasmo con possibili lesioni.
Sviluppo sessuale e sport
È ormai comprovato in letteratura medico scientifica la relazione diretta tra sport agonistico e disturbi dello sviluppo sessuale, specie nel sesso femminile.
Atlete ad alto livello presentano spesso dismenorrea o amenorrea, mentre nei maschi sembra esserci una più lieve correlazione con dei difetti di maturazione dello spermatozoo.
Queste problematiche sono legate ad una disfunzione ormonale dovuta ad un’ iperstimolazione provocata da stress fisico e soprattutto psichico.
Nelle femmine le disfunzioni del ciclo sono provocate da una sovrapproduzione di ormoni maschili che inibiscono la maturazione dell’ovulo e da un deficit di apporto energetico derivato da scarsa o non adeguata alimentazione.
Conclusioni
Lo sport in giovane età è assolutamente consigliato per i suoi numerosi effetti benefici sulla globalità dell’individuo.
È necessario però rispettare le fasi di crescita del bambino e dell’adolescente, impostando allenamenti adeguati alle singole età e capacità.
Bisogna quindi ricordare che praticare attività a livello agonistico potrebbe comportare sovraccarichi al sistema muscolo scheletrico, disfunzioni ormonali o stress mentale eccessivo.
Ogni bambino andrà seguito adeguatamente sia dal punto di vista fisico che mentale per evitare l’instaurarsi di disfunzioni.