Il nostro corpo ha una grande capacità adattativa. Sa sopportare molto bene gli sforzi e le sollecitazioni ma in alcuni casi, soprattutto quando non gli viene data la possibilità di recuperare dagli stimoli faticosi con delle pause, tende a sviluppare infiammazioni più o meno fastidiose ed invalidanti.
Tra le diverse infiammazioni e sofferenze di tipo muscolo-articolare, che di solito si presentano in distretti più esili e delicati del corpo, una delle più diffuse è l’epicondilite.
L’epicondilite, conosciuta come “gomito del tennista”
È una tendinopatia dei muscoli estensori dell’avambraccio che hanno inserzione sull’epicondilo laterale dell’omero.
Questa infiammazione, che può comportare anche piccole lesioni ai tendini coinvolti, colpisce non solo chi gioca a tennis, ma tutti coloro che fanno un uso eccessivo e continuato del gomito con conseguente sovraccarico funzionale, quindi anche chi per lavoro è costretto a svolgere movimenti continui con il polso e la mano.
Le cause principali, oltre ad essere di tipo occupazionale o sportivo, vanno ricercate anche in una possibile compresenza di patologie a carico del rachide cervicale dato che il plesso brachiale, “partendo” dal collo, innerva tutto il braccio facendo tra l’altro passare uno dei suoi nervi proprio in quel punto (nervo radiale).
Proprio la compresenza di un’eventuale cervicalgia, quindi, deve destare sospetto e attenzione nel trattamento per evitare il fallimento e per far sì che durante le sedute si arrivi alla fonte del problema.
Sintomi
I sintomi, di solito, si presentano in modo progressivo. Il paziente può riferire un esordio graduale con dolore nella parte più esterna, laterale, del gomito e dell’avambraccio. Questo può presentarsi sia durante attività che implicano la torsione (supinazione) o l’estensione del polso, come sollevare pesi o girare un cacciavite. Con il tempo ed il peggiorare della condizione infiammatoria, il dolore può irradiarsi lungo l’avambraccio ed essere presente anche a riposo, portando anche ad una progressiva riduzione della mobilità e della funzione di mano, polso e gomito.
Per riassumere, i sintomi più comuni sono:
- Dolore che si irradia dalla parte esterna e superiore del gomito fino all’avambraccio;
- Dolore nei più comuni movimenti del polso;
- Perdita di forza generale nella muscolatura dell’avambraccio.
Il trattamento dell’epicondilite
E’ importante considerare che, in situazioni come queste, non è sufficiente massaggiare e trattare solo l’area muscolare interessata. Bisogna anche saper consigliare al proprio paziente come svolgere le attività quotidiane in modo che migliori il suo modo di muovere polsi e braccia in generale, favorendo sia una completa remissione sia una corretta prevenzione da ricadute.
Vediamo di seguito alcuni passaggi importanti per il trattamento dell’epicondilite:
- Ridurre l’uso funzionale dell’arto dolente: modificare o eliminare del tutto le attività che causano i sintomi. Questo è sicuramente il passo più importante e diventa necessario se la sintomatologia è davvero molto acuta. Se il paziente utilizza il braccio per lavoro, sarebbe fondamentale che riuscisse ad utilizzare il controlaterale almeno per il tempo necessario a far calare lo stato infiammatorio.
- Con stati infiammatori importanti si può inoltre aiutare il corpo a velocizzare il processo di recupero con della crioterapia. Si può infatti applicare la classica borsa del ghiaccio sull’area dolorosa per 10/15 minuti, anche più di una volta al giorno.
- Ridurre il dolore e l’infiammazione: ottime soluzioni, a parte il riposo funzionale, sono lo stretching dei muscoli estensori dell’avambraccio e la massoterapia, con un lavoro decontratturante. Se l’epicondilite è associata a calcificazione o altre complicazioni è opportuno far in modo che il paziente venga valutato e trattato anche da altre figure professionali, eventualmente con onde d’urto, laser terapia e/o ultrasuoni.
- Una volta superata la fase acuta e ripresa una buona funzione della muscolatura dell’avambraccio, si può procedere al recupero della forza con esercizi contro resistenza per i flessori e gli estensori del polso.
Nel caso in cui si lavori su atleti, sportivi, più o meno professionisti, si può fare un grande lavoro di prevenzione sia in casi in cui non si sia ancora presentata la patologia sia in casi di recupero e si vuole evitare ricadute. Il metodo più utilizzato è quello del massaggio sportivo e connettivale, a livello distrettuale, su tutto l’avambraccio. È consigliato, nel caso in cui lo si svolga su sportivi impegnati anche in competizioni, di non eseguire dei trattamenti troppo intensi o profondi in concomitanza di gare, in quanto la possibile presenza di microlesioni post-trattamento, o in generale di stanchezza data dal recupero in seguito al lavoro svolto, possono alterare la prestazione ed in conseguenza il risultato della gara.
In generale, per tutte le tecniche massoterapiche da poter attuare (massaggi, trattamenti manuali e trigger points), è opportuno aspettare sempre la remissione della fase acuta, per non aumentare lo stato di flogosi e rischiare quindi di peggiorare il sintomo del paziente.
Nei casi di insuccesso terapeutico, le statistiche ci dicono che raramente una persona arriva all’operazione chirurgica (circa 5%-10%), ma resta comunque una problematica difficile da trattare in molti casi, a maggior ragione se il paziente è poco collaborativo nel modificare le sue abitudini di lavoro o allenamento.
Conclusioni
La prevenzione e l’educazione del paziente al corretto movimento e alla corretta postura (per esempio per chi utilizza molto il mouse e la tastiera) sono sicuramente la prima azione da adottare per far sì che non si verifichi una sofferenza come l’epicondilite. Il professionista, massoterapista (che ha frequentato un corso massaggio qualificato), in caso di trattamento deve saper inquadrare opportunamente il grado di infiammazione presente nei tessuti potenzialmente da massaggiare ed eventualmente affidarsi alla valutazione di un medico di base o un ortopedico affinché si possa indagare al meglio con eventuali esami strumentali. Risulta inoltre importante, come già sottolineato, affiancare al trattamento l’applicazione di ghiaccio e/o riposo forzato se necessario al miglioramento della condizione.